Grazie
alla sensibilità del proprietario di Villa Belvedere Mocenigo – il
Dott. Luciano Bernardi – all’attenzione del Comune di Cordignano
e al sostegno della Banca Popolare di Verona, con la collaborazione
dell’Associazione “Pro Belvedere”, il Teatro all’insegna
dell’orso in peata di Venezia riporta una commedia di Carlo Gozzi
recentemente ritrovata nel suo luogo d’origine, per il quale fu
concepita e dove fu originalmente rappresentata.
La
semplice in cerca di spirito, «commedia
villereccia in un atto e in prosa», fu composta da Carlo Gozzi, in
una data ancora imprecisata, per la “villeggiatura” di
Cordignano, come dichiara la dedica alla «Signora Polissena
Contarini Cavaliera Mocenigo», nuora del doge Alvise IV Mocenigo.
Si
tratta di una piccola commedia, di cui si ignorava perfino
l’esistenza, di cui è stato scoperto il manoscritto autografo,
grazie al prezioso ritrovamento dell’archivio letterario nella
villa friulana di famiglia, al di qua del Tagliamento, nei pressi del
secondo centenario della morte. Carlo Gozzi villeggiava, anzi
risedeva in vecchiaia lungamente, nella casa di Vicinale, nel Friuli
vicino all’attuale lembo estremo della Provincia di Treviso, dove è
appunto Cordignano. La dedica della commediola a Polissena Contarini
Mocenigo non reca data, ma questa si deduce da una lettera dello
stesso Gozzi, che dichiara – in data 4 novembre 1780 – di essere
appena tornato a Vicinale, insieme a suo fratello Gasparo, «dalla
Villa Mocenigo a Belvedere», dove avevano soggiornato per sei giorni
«fra le più deliziose vedute e le cortesi maniere ...co’
cavalieri e le dame». La circostanza sembra dunque rinviare
all’allestimento della commedia.
Si
tratta, infatti, di un testo non composto per la compagnia alla quale
Gozzi destinava normalmente i suoi lavori – quella diretta dal
“Truffaldino” Antonio Sacchi – ma per una committenza
nobiliare, legata al teatro di villeggiatura – che si costumava in
tempo d’autunno, comprendendo la vendemmia -, frequentemente
praticato dai nobili nel costume di allora. La villa Mocenigo detta
Belvedere oggi non esiste più nella sua forma originale, seicentesca
e poi ampliata nel secolo seguente, demolita in larga parte nel corso
dell’Ottocento per le sue enormi e dispendisoe dimensioni; ma
sopravvive la barchessa, che era il luogo nella seconda metà del
Settecento adibito a teatro, e per cui fu scritta e in cui fu
rappresentata La semplice in cerca di spirito
e in cui in anni precedenti era passato anche
Carlo Goldoni.
Il
Teatro dell’orso in peata di Venezia – secondo la sua tradizione
– propone una versione “da camera” della commedia, per attrici
e burattini, dove quattro interpreti-animatrici muovono tutti i
personaggi della vicenda: la coppia di ingenui spasimanti, destinati
ciascuno in matrimonio a un vecchio e una vecchia vedovi, loro
rispettivi genitori; una coppia di sposi novelli di villa, però
istruiti ai costumi cittadini portati in campagna dai nobili in
villeggiatura, un vecchio filosofo misantropo che si è rifugiato in
villa per fuggire la città, in una godibilissima “educazione
sentimentale”.
La
trama – ispirata a una commedia francese di Charles-Simon Favart
(una comédie melée d’ariettes,
La chercheuse d’ésprit,
rappresentata per la prima volta nel 1741 – offre un’inedita
vicenda d’impronta quasi illuministica (contro ai luoghi comuni del
Gozzi reazionario), che racconta la scoperta dell’amore attraverso
l’istinto naturale, con un dialogo divertentissimo e una serie di
situazioni sceniche. Da una nota della censura rimasta sul
manoscritto e datata 1802, ne sappiamo vietata la rappresentazione
nei teatri pubblici veneziani, che evidentemente fu tentata a
distanza di una ventina d’anni: proibizione che si spiega
probabilmente a causa dei doppi sensi e delle situazioni condotte
oltre i limiti di quanto allora tollerato dal punto di vista del
costume. La commedia villereccia
conobbe, dunque solo, la ribalta del teatro di villeggiatura, per poi
sparire del tutto.
Il
Teatro dell’orso in peata ha proposto una prima volta, tre anni or
sono, una versione ridotta ad alcune scene della commedia, insieme a
un altro inedito gozziano – La cena male
apparecchiata -, che era stata presentata al
pubblico nell’ambito del festival della Biennale teatro nel 2006,
sempre con la formula per attori e burattini, recuperando peraltro le
modalità dello spettacolo nobiliare settecentesco, di palazzo
cittadino o di villeggiatura, attraverso i “piavoli” o
“bambocci”, anche se sostituendo le più nobili e algide
marionette ai burattini “a braccio”, più popolari e mobili. La
versione integrale e autonoma che qui si presenta ha debuttato nello
scorso mese di giugno nel festival Scene di
paglia, nello spazio di una barchessa del
padovano. Siamo lieti di presentarla nel suo luogo originale e che lo
spazio di un ritrovato Teatro di villa del XVIII secolo sia
riproposto, con essa, all’attenzione del pubblico.