Repertorio


  • "La semplice in cerca di Spirito" di C. Gozzi
  • "Il Servitore di due padroni" di C. Goldoni



La semplice in cerca di spirito
Commedia villereccia in un atto e in prosa di Carlo Gozzi

con
Linda Bobbo, Maria Ghelfi, Valentina Recchia, Antonella Zaggia

costruito e diretto da
Antonella Zaggia e Piermario Vescovo


La semplice in cerca di spirito è una piccola commedia di Carlo Gozzi, di cui si ignorava perfino l’esistenza, di cui è stato recentemente scoperto il manoscritto autografo, grazie al prezioso ritrovamento di un archivio letterario dell’autore in una villa friulana, al di qua del Tagliamento.
Il sottotitolo la dichiara Commedia villereccia in un atto e in prosa, che l’autore scrisse non per la compagnia alla quale destinava normalmente i suoi lavori – quella diretta dal “Truffaldino” Antonio Sacchi – ma per una committenza nobiliare, legata alla villeggiatura di una famiglia veneziana nei possedimenti di terraferma, presso Cordignano, nel trevigiano. La villa oggi non esiste più nella sua forma originale, ma sopravvive la barchessa, che era il luogo nella seconda metà del Settecento adibito a teatro, e per cui fu scritta e in cui fu rappresentata la “farsa” di Carlo Gozzi.
In attesa della pubblicazione del testo nell’ambito dell’edizione nazionale delle opere (cominciata da poco presso l’editore Marsilio di Venezia), un’edizione non venale per i “cento amici del libro” è apparsa nel 2010, con acqueforti espressamente realizzate da Tullio Pericoli.
Il “Teatro dell’orso in peata” di Venezia – secondo la sua tradizione – propone una versione “da camera” della commedia gozziana, per attrici e burattini, dove quattro interpreti-animatrici muovono tutti i personaggi della vicenda: la coppia di ingenui spasimanti, destinati ciascuno in matrimonio a un vecchio e una vecchia vedovi, loro rispettivi genitori; una coppia di sposi novelli di villa, però istruiti ai costumi cittadini portati in campagna dai nobili in villeggiatura, un vecchio filosofo misantropo che si è rifugiato in villa per fuggire la città...
La trama – ispirata a una commedia francese di Charles-Simon Favart – rappresenta un’inedita vicenda d’impronta quasi illuministica (contro ai luoghi comuni del Gozzi reazionario), che racconta la scoperta dell’amore attraverso l’istinto naturale, con un dialogo divertentissimo e una serie di situazioni sceniche. Da una nota della censura dell’epoca ne sappiamo vietata la rappresentazione nei teatri pubblici, probabilmente a causa dei doppi sensi e delle situazioni condotte oltre i limiti di quanto allora tollerato dal punto di vista del costume, e la commedia villereccia conobbe solo, per poi sparire del tutto, solo la ribalta del teatro di villeggiatura. Si tratta, invece, di una godibilissima “educazione sentimentale”, che il presente progetto ripropone attraverso il mezzo del teatro di figura, ricuperando peraltro le modalità dello spettacolo nobiliare settecentesco, di palazzo cittadino o di villeggiatura, attraverso i “piavoli” o “bambocci”.
Contiamo e speriamo – portando a compimento una trattativa cominciata qualche tempo fa – di ripresentare La semplice in cerca di spirito anche nel suo luogo originale, nella barchessa-teatro di Cordignano.







Il servitore di due padroni

per baracca e burattini
di Carlo Goldoni

<<No consiste tanto un bel disnar in te le pietanze,
ma in tel bon ordine: val più una bella disposizion,
che no val una montagna de piatti>>


con Linda Bobbo, Maria Ghelfi, Valentina Recchia, Marika Tesser, Antonella Zaggia
aiuto regia di Michela Degano
uno spettacolo ideato e costruito da Antonella Zaggia e Piermario Vescovo




Il “Teatro dell’orso in peata” di Venezia affronta nei termini consueti alla sua esperienza, ormai ventennale, Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni”.

Un Servitore appunto per baracca e burattini, con una compagnia composta da cinque donne, tentandone una versione “da camera”, con ambizioni di rappresentazione “in scala”. Soprattutto con l’idea di sfuggire allo stereotipo del confronto o della rievocazione della commedia dell’arte, sperando che quanto è impossibile al teatro di regia con uomini e donne sia consentito a un mezzo diverso, soprattutto più artigianale, come il “teatro di figura”, anche se in una versione fortemente contaminata dalla presenza e dall’azione umana “a vista” come nella nostra pratica.
La pretesa è di riscoprire qualcosa della commedia goldoniana, soprattutto della sua “meccanica” scenica ad orologeria, che si sostanzia qui in una “macchina” che contiene lo spettacolo: una baracca su ruote, che proviene da un nostro precedente spettacolo settecentesco (un Don Giovanni messo in scena per il Napoliteatrofestival nel 2008). 
Una “macchina” che si assume il ruolo di contenere e generare spazi, luoghi e, soprattutto, il vorticoso procedere dell’azione fino all’invenzione con cui Goldoni aveva completato il disegno originale dell’antiquario francese, Jean-Pierre des Ours de Mandajors, autore del canovaccio di partenza per la Comédie italienne di Parigi. L’invenzione, appunto, di un complicatissimo servizio di Truffaldino, in contemporanea, ai tavoli in cui pranzano separatamente i suoi due padroni, di cui ciascuno non sa nulla dell’altro.

Più che a un’esile trama per imbandire lazzi e improvvisazioni, il Servitore di due padronici è sembrato, mettendoci mano, una raccolta di cover, quelle canzoni che tutti conoscono, che gli interpreti, e non solo i grandi, provano a reinterpretare (e che magari colmano la misura dell’attenzione e del successo nei momenti di crisi di ispirazione e di novità). Se ne era accorto, ascoltandone la musica, nientemeno che Mozart, che racconta al padre in una lettera del febbraio 1783 l’idea, anzi il progetto, di scrivere un’opera, trasformando in libretto la commedia di Goldoni, che si era incaricato di far tradurre in tedesco per l’occasione.